Quando per la prima volta cominciamo ad apprezzare la liberazione dalla dipendenza, nasce il pericolo di presumere nuovamente di poter controllare la nostra vita. Dimentichiamo il tormento e il dolore che abbiamo conosciuto
—Testo Base, pag. 57
Molti di noi hanno provato lo “stupore dei trenta giorni”. Alla nostra prima riunione eravamo disperati e moribondi. Ci siamo identificati nei dipendenti che abbiamo incontrato e nel messaggio che condividevano. Con il loro aiuto, siamo riusciti finalmente a smettere di usare e a tirare un sospiro di sollievo. Per la prima volta, dopo un periodo maledettamente lungo, ci siamo sentiti a casa. All’improvviso la nostra vita era cambiata: camminavamo, parlavamo, mangiavamo, bevevamo, dormivamo e sognavamo Narcotici Anonimi.
Poi Narcotici Anonimi ha perso quell’aura di novità: riunioni che erano state elettrizzanti sono diventate monotone; i nostri splendidi amici di NA sono diventati noiosi e i loro discorsi esaltanti in NA sono diventati delle sciocchezze. Così quando i vecchi amici ci hanno chiamato offrendoci di tornare a divertirci alla vecchia maniera, abbiamo detto addio al recupero.
Una volta ritornati nelle stanze di Narcotici Anonimi, abbiamo realizzato che nulla era cambiato là fuori: né noi, né i nostri amici; né le droghe, né qualsiasi altra cosa; sì qualcosa forse sì: era tutto peggiorato.
È vero, forse alle riunioni di NA non si muore dalle risate e, magari, i nostri amici non sono maestri di spiritualità, ma le riunioni sono pervase da una forza, un legame comune tra i membri, un modo di vivere il programma del quale non possiamo fare a meno. Oggi il nostro recupero è molto più del semplice non usare: è un modo di vivere. Iniziamo a mettere in pratica il programma in tutti i campi della nostra vita perché essa dipende esclusivamente dal programma stesso.
Solo per oggi
Non vivo nello “stupore dei trenta giorni”. Lo stile di NA è quello della mia vita e voglio che continui per sempre.